XXXI Giornata mondiale del malato: Santa Messa nella parrocchia Beata Vergine Maria del Rosario

“Abbi cura di lui. La compassione come esercizio sinodale di guarigione” è stato il tema della XXXI Giornata Mondiale del Malato, che è stata celebrata sabato 11 febbraio con la Santa Messa nell’Ospedale regionale di Torrette e domenica 12 febbraio con la Celebrazione Eucaristica nella parrocchia Beata Vergine Maria del Rosario a Falconara Marittima, a cui hanno partecipato i parrocchiani e tutti coloro che si impegnano nel mondo della salute. In entrambe le celebrazioni l’Arcivescovo ha ringraziato i medici e gli operatori sanitari, l’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute e i volontari che si prendono cura dei malati e ha sottolineato l’importanza di «prendersi cura di coloro che soffrono, ascoltandoli e consolandoli». La malattia può infatti «diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione».

In particolare nella parrocchia di Falconara, commentando le letture della domenica, ha sottolineato che «non basta osservare le regole, la cosa più importante è amare Dio e il prossimo. Quando il nostro cuore è pieno dell’amore di Dio, trabocca in generosità. Non basta non fare il male, è importante fare il bene. Oggi celebriamo la XXXI Giornata Mondiale del Malato e come sono belli i gesti di solidarietà e amore di chi si prende cura delle persone malate e sole. Don Tonino Bello diceva che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto e che per volare c’è bisogno di due ali. Ecco allora l’importanza dell’amore, di cuori aperti, non chiusi. Chi ama non pensa all’”io”, ma al “noi”. L’altro ha solo un’ala e se tu metti accanto la tua, si può volare in alto. La sofferenza non è più disumana e la persona malata si sente amata».

L’Arcivescovo ha quindi ringraziato il direttore dell’Ufficio della Pastorale della Salute Simone Pizzi, gli operatori sanitari e le associazioni presenti che si prendono cura dei malati: l’Unitalsi, l’Avulss e il Centro volontari della sofferenza. «Oggi una grande epidemia è la solitudine – ha detto – grazie per tutto quello che fate. Mi ha colpito una scritta sul muro di un ospedale: “Noi ce la mettiamo tutta per guarire, se non riusciamo a guarire ci impegniamo a curare e se non riusciamo a curare ci impegniamo a consolare”. La malattia isola e abbiamo bisogno di consolazione. Consolare significa stare con chi è solo. Dio è vicino alle persone malate con l’amore di coloro che se ne prendono cura. C’è tanto bisogno di gesti di vicinanza, compassione e fraternità». Al termine della Santa Messa sono state recitate un’Ave Maria e la preghiera del malato.

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