Incontro con i ministri straordinari della comunione su “Malattia, solitudine, speranza”

I ministri straordinari della comunione, chiamati a portare l’Eucaristia agli infermi e agli anziani, si sono incontrati ad Osimo nella parrocchia San Carlo Borromeo per l’incontro “Malattia, solitudine, speranza”, organizzato venerdì 10 febbraio dall’Ufficio per la Pastorale della Salute e dall’Ufficio Liturgico e Ministeri. Durante la serata sono stati invitati a riflettere sul loro ministero ed è stato sottolineato quanto è importante prendersi cura di coloro che soffrono, con lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza. Dopo il saluto iniziale del direttore dell’Ufficio Liturgico e Ministeri don Lorenzo Rossini, è iniziato l’incontro con il primo intervento. Il medico anestesista e rianimatore Simone Pizzi, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute, ha sottolineato che la «la ricerca costante del bene, della cura migliore e della salvezza di tutti è al centro di ogni azione pastorale nel mondo della salute. L’obiettivo di prendersi cura di ogni persona si scontra, tuttavia, con la realtà di malati, sofferenti, poveri ed emarginati che non sempre suscitano immediatamente il desiderio di avvicinarsi e di sostare accanto a loro perché, per quanto sia duro ammetterlo, questi ultimi non hanno un “buon odore”. Infatti la malattia in sé, così come il disagio sociale, la solitudine, l’affanno, lo smarrimento, la rassegnazione o la rabbia (sentimenti che molto spesso abitano nel cuore dei malati) non “profumano” affatto».

Il dottor Pizzi ha quindi ricordato le parole del cardinale Martini, il quale sosteneva che «ci si pone accanto alla persona sofferente come possibili custodi del segreto nell’ascolto del mondo intimo dell’altro, lacerato da blocchi e contraddizioni, ma anche incredibilmente provocatorio nei confronti di chi li avvicina. Nel colloquio, ciascuna delle persone coinvolte è come portata ad entrare nel mistero dell’altro – perché anche il malato comprende molte cose intime dell’operatore che si avvicina a lui – e non può abdicare alla questione del senso. La medicina, che non ha il potere di eliminare la sofferenza umana e tanto meno la morte, deve certamente continuare a lottare efficacemente contro il dolore fisico, talora limitante la libertà e la vita spirituale. Nello stesso tempo occorre aiutare il paziente a resistere al dolore, a non chiudersi in se stesso rifiutando ogni tipo di sollievo e di cura. L’esperienza insegna che il malato svela esigenze che vanno ben oltre la patologia organica in atto. Egli non si attende semplicemente una cura – che del resto, prima o poi, finirà fatalmente per rivelarsi insufficiente -, ma il sostegno di un fratello, di una sorella che sappia partecipargli la visione della vita, nella quale trovi senso anche il mistero della sofferenza e della morte». Il direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute ha quindi invitato i presenti a riflettere «sul nostro ruolo di credenti che percorrono i sentieri del mondo della cura come testimoni, perché penso che il primo ruolo del ministro straordinario della comunione sia quello di essere straordinariamente testimone dell’amore di Dio, offrire una presenza testimoniante. I fratelli e le sorelle malati devono essere confortati, supportati e assistiti».

La psicologa e psicoterapeuta Oriana Papa è poi intervenuta su questo tema: “La relazione che cura: accompagnare la speranza”. «È importante occuparsi del malato – ha detto – ma anche della sua famiglia e degli operatori che lo curano. Per aiutare in modo valido, bisogna imparare a osservare, ascoltare, metterci nei panni dell’altro, cercare di capire. Questi passaggi per chi vuole intessere una relazione di aiuto sono indispensabili. È necessario uno spostamento dell’attenzione dalla guarigione alla cura della persona, sottolineando la necessità di promuovere la salute non solo della persona malata nella sua interezza, ma anche il benessere dei suoi familiari, la qualità della loro vita e la loro stessa salute». La dott.ssa Oriana Papa ha poi parlato dell’importanza della «reciprocità della cura. Anche l’esperienza della persona malata può dare un contributo ai parenti e agli operatori. La speranza è il cuore della guarigione, essa può aiutare a vivere meglio tutti noi. La nostra speranza aiuta quella del malato. Anche la speranza del malato e della famiglia aiuta chi lo cura. Ecco la reciprocità della cura. La relazione di cura è sempre una relazione reciproca che alimenta la speranza».

Infine Anna Vespignani, presidente Avulss Ancona OdV e ministro straordinario della comunione, ha parlato di come prendersi cura delle persone malate, quando si incontrano negli ospedali, nelle residenze protette per anziani o nelle loro case. «Molti vivono situazioni di solitudine – ha detto – e noi offriamo la nostra presenza, parliamo con loro, ma soprattutto li ascoltiamo. Hanno tanto bisogno di comunicare e quindi cerchiamo di stare zitti, per far parlare loro. Le ascoltiamo con attenzione, è un ascolto attivo. Un ministro straordinario della comunione porta Gesù, la Santa Eucaristia, ma deve anche ascoltare la persona che ha davanti. Cerchiamo quindi di prepararci per questo servizio che non si può improvvisare». Anna Vespignani ha infatti spiegato che, per stare accanto ai malati, «bisogna essere persone equilibrate e stabili e avere fede in Gesù. Prima di ogni incontro preghiamo lo Spirito Santo e proponiamo anche un momento di preghiera insieme ai malati. La preghiera è un’arma potente, Gesù è con noi e siamo lì con loro come fratelli e sorelle». La presidente Avulss ha anche parlato degli errori da non fare. «Sono importanti la privacy e la riservatezza – ha detto – e non dobbiamo raccontare ad altri ciò che ci dicono. Inoltre non si deve mai banalizzare la malattia, anche se pensiamo di farlo per sollevare l’animo della persona».

La conclusione è stata affidata a Mons. Angelo Spina che, dopo aver ringraziato la Consulta della Pastorale della Salute e i ministri straordinari della comunione, ha parlato dell’importanza di« prendersi cura dei malati, donando vicinanza, conforto e consolazione. Mi ha colpito una scritta sul muro di un ospedale: “Noi ce la mettiamo tutta per guarire, se non riusciamo a guarire ci impegniamo a curare e se non riusciamo a curare ci impegniamo a consolare”. La malattia isola e abbiamo bisogno di consolazione. Consolare significa stare con chi è solo». Ricordando poi il passo del Vangelo sulla guarigione della suocera di Pietro, ha sottolineato che «Gesù la toccò e lei guarì. Lei si alzò e si mise a servirli. Quando una persona guarisce, deve mettersi a servire. Voi, ministri straordinari della comunione, siete proprio stati chiamati dal Signore a un servizio. Voi portate Gesù Cristo vivo e risorto, l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Noi abbiamo bisogno di cure per il corpo e la mente, ma anche del pane di vita eterna per la guarigione spirituale. Grazie perché servite il Signore che un giorno vi dirà: “Ero malato e mi avete visitato”».

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