Su “Dignitas infinita”, il documento del Dicastero della Dottrina della Fede firmato da Papa Francesco il 25 marzo 2024, è stato incentrato l’intervento di Mons. Angelo Spina nella parrocchia dei Santi Cosma e Damiano, durante l’incontro organizzato venerdì 27 settembre dall’Associazione italiana dei medici cattolici e dalla Consulta per la pastorale diocesana della salute.
Dopo la presentazione del documento da parte di Andrea Ortenzi, presidente dell’Amci (sez. Ancona), sono seguiti gli interventi di Marco Cianforlini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute, Rosanna Cordiali, pediatra dell’ospedale Salesi che si occupa di malattie rare, Mauro Dobran, neurochirurgo e vicepresidente dell’Amci (sez. Ancona), e del pediatra Massimo Beghella Bartoli. Dopodiché c’è stata la relazione dell’Arcivescovo che ha spiegato perché è nato questo documento, pubblicato 75 anni dopo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: «Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca, – ha detto Mons. Angelo Spina – con uno viluppo tecnologico senza uguali in precedenza. La conseguenza è che le nuove possibilità acquisite diventano un diritto. Per esempio la tecnologia chirurgica o biochimica che consente di pensare a un cambiamento di genere diventa immediatamente un diritto. Non è una possibilità, ma qualcosa che mi spetta. Ad es. l’aborto è una possibilità ma diventa un diritto, tanto da metterlo nella costituzione».
L’Arcivescovo ha quindi spiegato che «questo tempo che stiamo vivendo è caratterizzato dal narcisismo, dall’individualismo, dall’egoismo e dal nichilismo. Oggi i diritti umani universali sono diventati “diritti individuali”, vale a dire una deformazione in una esperienza soggettiva. La dichiarazione Dignitas infinita è un documento puntuale e preciso su cui si basa il senso della vita umana e il suo valore impareggiabile, senza trascurare le violazioni più gravi connesse al riguardo. Viviamo tempi investiti da un nuovo nichilismo che sta trasformando valori, offuscando e annullando differenze. Ad esempio all’inizio delle Olimpiadi, abbiamo visto scene che deridono il cristianesimo. Il riferimento è al quadro della “festività” con scena che rimanda all’Ultima Cena di Leonardo, ma con protagoniste le Drag Queens Paloma e Piche, modelle trans, e un Dioniso seminudo. “La Santa Sede – si legge nel testo – è rimasta rattristata da alcune scene della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi e non può che unirsi alle voci che si sono levate nei giorni scorsi per deplorare l’offesa arrecata a molti cristiani e credenti di altre religioni. In un evento prestigioso in cui tutto il mondo si unisce intorno a valori comuni – prosegue il comunicato – non dovrebbero esserci allusioni che ridicolizzano le convinzioni religiose di molte persone”. La Santa Sede evidenzia infine che “la libertà di espressione, che ovviamente non è in discussione, trova il suo limite nel rispetto degli altri”».
Tornando a Dignitas infinita, Mons. Angelo Spina ha spiegato che «la dimensione teologica del documento è caratterizzata da una epistemologia che ci introduce nel terreno della “ragione informata dalla fede”: non una ragione sostituita dalla fede, né una ragione senza fede, ma una ragione plasmata dalla fede riguardo a prospettive, temi, intuizioni associati alla tradizione cristiana. Il titolo è significativo: “Dignitas infinita”. Una ragione umana chiusa al Mistero è una ragione umana mutilata, dal momento che la verità anche quando riguarda una realtà limitata del mondo dell’uomo, rinvia sempre a qualcosa di superiore all’oggetto immediato di studio, cioè agli interrogativi che aprono l’accesso al Mistero. Il carattere infinito della dignità sfida la finitezza e la vulnerabilità umana che la parola latina “homo” suggerisce, perché questa deriva etimologicamente dalla radice “humus” (terra). L’uomo è “adam” sarebbe stato tratto dalla terra, “adamah”, riconoscendo nella sua non divinità, nella sua inferiorità e nella sua consistenza terrena, ma, al tempo stesso, chiamato alla pienezza perché immagine e somiglianza di Dio.
Pensiamo alle neuroscienze, l’insieme delle discipline che studiano i vari aspetti morfofunzionali del sistema nervoso mediante l’apporto di numerose branche della ricerca biomedica, dalla neurofisiologia alla farmacologia, dalla biochimica alla biologia molecolare, dalla biologia cellulare alle tecniche di neuroradiologia. Quando queste discipline riducono l’uomo solo a cervello, solo a reazioni chimiche si fermano in un campo materiale, ma l’uomo non è solo reazione chimica, ha una mente, un pensiero, un’anima che trascende ciò che è materiale. Quando la vita è ridotta soltanto a bios, a biochimica e non ci si vede nulla di profondo, se il bios umano sono le cellule, le molecole, sono gli atomi e dentro di esse non si riesce più a riconoscere l’umanità, la sensibilità per il senso umano per la giustizia, per la bellezza, per l’amore, allora c’è il riduzionismo, vale a dire riducono anche gli eventi superiori dell’essere umano come il pensiero a sinapsi neurali. Abbiamo scoperto i neuroni specchio e sappiamo che hanno a che fare con la memoria, allora pensiamo che l’empatia sia l’organizzazione interna di questi collegamenti neurali. Insomma il cervello è la base biochimica della mente, ma la mente è la mente umana e non è riducibile assolutamente al cervello.
Nell’introduzione, al numero uno, del documento leggiamo: “Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti. La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre “sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza”. Di tale dignità ontologica e del valore unico ed eminente di ogni donna e di ogni uomo che esistono in questo mondo si è resa autorevole eco la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948) da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nel fare memoria del 75° anniversario di questo Documento, la Chiesa vede l’occasione per proclamare nuovamente la propria convinzione che, creato da Dio e redento da Cristo, ogni essere umano deve essere riconosciuto e trattato con rispetto e con amore, proprio in ragione della sua inalienabile dignità. Secondo Papa Francesco «questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo», ma è pure una convinzione alla quale la ragione umana può arrivare attraverso la riflessione e il dialogo, dato che «se bisogna rispettare in ogni situazione la dignità degli altri, è perché noi non inventiamo o supponiamo tale dignità, ma perché c’è effettivamente in essi un valore superiore rispetto alle cose materiali e alle circostanze, che esige siano trattati in un altro modo. Che ogni essere umano possiede una dignità inalienabile è una verità corrispondente alla natura umana al di là di qualsiasi cambiamento culturale».
Tutto questo ci porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice distinzione del concetto di dignità: dignità ontologica, morale, sociale ed esistenziale. Il senso più importante è quello legato alla dignità ontologica che compete alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio. Questa dignità non può mai essere cancellata e resta valida al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare. Quando si parla di dignità morale ci si riferisce, invece, all’esercizio della libertà da parte della creatura umana. Quest’ultima, pur dotata di coscienza, resta sempre aperta alla possibilità di agire contro di essa. Facendo così, l’essere umano si comporta in un modo che “non è degno” della sua natura di creatura amata da Dio e chiamata all’amore degli altri. Ma questa possibilità esiste. Non solo. La storia ci attesta che l’esercizio della libertà contro la legge dell’amore rivelata dal Vangelo può raggiungere vette incalcolabili di male inferto agli altri. Quando questo accade, ci si trova davanti a persone che sembrano aver perduto ogni traccia di umanità, ogni traccia di dignità. Al riguardo, la distinzione qui introdotta ci aiuta a discernere proprio tra l’aspetto della dignità morale che può essere di fatto “perduta” e l’aspetto della dignità ontologica che non può mai essere annullata. Ed è proprio in ragione di quest’ultima che si dovrà con tutte le forze lavorare perché tutti coloro che hanno compiuto il male possano ravvedersi e convertirsi.
Quando parliamo di dignità sociale ci riferiamo alle condizioni sotto le quali una persona si trova a vivere. Nella povertà estrema, per esempio, quando non si danno le condizioni minime perché una persona possa vivere secondo la sua dignità ontologica, si dice che la vita di quella persona così povera è una vita “indegna”. L’ultima accezione è quella di dignità esistenziale. Sempre più spesso si parla oggi di una vita “degna” e di una vita “non degna”. E con tale indicazione ci si riferisce a situazioni proprio di tipo esistenziale: per esempio, al caso di una persona che, pur non mancando apparentemente di nulla di essenziale per vivere, per diverse ragioni fa fatica a vivere con pace, con gioia e con speranza. In altre situazioni è la presenza di malattie gravi, di contesti familiari violenti, di certe dipendenze patologiche e di altri disagi a spingere qualcuno a sperimentare la propria condizione di vita come “indegna” di fronte alla percezione di quella dignità ontologica che mai può essere oscurata. Le distinzioni qui introdotte, in ogni caso, non fanno altro che ricordare il valore inalienabile di quella dignità ontologica radicata nell’essere stesso della persona umana e che sussiste al di là di ogni circostanza.
Nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1948, si parla «della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili». Solo questo carattere inalienabile della dignità umana consente di poter parlare dei diritti dell’uomo. I diritti non sono creati arbitrariamente dalla società, bensì sono inerenti alla condizione umana, fondati sulla natura e nella dignità della persona. Come leggiamo nel documento: “Per chiarire meglio il concetto di dignità, è importante segnalare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, a partire da determinate sue doti e qualità, in modo che potrebbe essere eventualmente ritirata. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani, allora essa si darebbe in modo condizionato e alienabile, e lo stesso significato di dignità (per quanto meritevole di grande rispetto) rimarrebbe esposto al rischio di essere abolito. In realtà, la dignità è intrinseca alla persona, non conferita a posteriori, previa ad ogni riconoscimento e non può essere perduta. Di conseguenza, tutti gli esseri umani possiedono la medesima ed intrinseca dignità, indipendentemente dal fatto che siano in grado o meno di esprimerla adeguatamente”. L’uomo vale più per quello che è e non per quello che ha».
Continua il documento: “Giova qui, infine, ricordare che la definizione classica della persona come «sostanza individuale di natura razionale» esplicita il fondamento della sua dignità. Infatti, in quanto “sostanza individuale”, la persona gode della dignità ontologica (cioè a livello metafisico dell’essere stesso): essa è un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo. La parola “razionale” comprende in realtà tutte le capacità di un essere umano: sia quella di conoscere e comprendere che quella di volere, amare, scegliere, desiderare. Il termine “razionale” comprende poi anche tutte le capacità corporee intimamente collegate a quelle sopradette. L’espressione “natura” indica le condizioni proprie dell’essere umano che rendono possibili le varie operazioni ed esperienze che lo caratterizzano: la natura è il “principio dell’agire”. L’essere umano non crea la sua natura; la possiede come un dono ricevuto e può coltivare, sviluppare e arricchire le proprie capacità. Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia”. La dichiarazione si propone di riservare all’essere umano il concetto di dignità e di assegnare al resto del cosmo il termine di “bontà creaturale”, per dire che c’è un “antropocentrismo situato” in alternativa all’antropocentrismo e al biocentrismo.
La Chiesa proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità. Questo annuncio si appoggia su una triplice convinzione, che, alla luce della fede cristiana, conferisce alla dignità umana un valore incommensurabile e ne rafforza le intrinseche esigenze: un’indelebile immagine di Dio, Cristo eleva la dignità dell’uomo, una vocazione alla pienezza della dignità. Come si legge nel documento: «La dignità della vita umana non è legata solo alle sue origini, al suo venire da Dio, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio nella conoscenza e nell’amore di Lui. È alla luce di questa verità che sant’Ireneo precisa e completa la sua esaltazione dell’uomo: “gloria di Dio” è, sì, “l’uomo che vive”, ma “la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio”».
L’Arcivescovo ha poi parlato della distorsione del concetto di dignità: «Il concetto di dignità umana, a volte, viene usato in modo abusivo anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso in contrasto con quelli originalmente definiti e non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita, come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere».
Infine ha parlato delle gravi violazioni contro la dignità: «Volendo indicare alcune delle numerose e gravi violazioni della dignità umana si dovrà riconoscere che si oppone alla dignità umana «tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario». Attenta altresì alla nostra dignità «tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche». Ed infine «tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili».
L’Arcivescovo ha quindi indicato alcune gravi violazioni della dignità umana particolarmente attuali, come il dramma della povertà, la guerra, il travaglio dei migranti, la tratta delle persone, gli abusi sessuali, le violenze contro le donne, l’aborto, la maternità surrogata, l’eutanasia e il suicidio assistito, lo scarto dei diversamente abili, la teoria del gender. Come si legge nel documento: «La Chiesa desidera, innanzitutto, ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. Per questa ragione va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale». Mons. Angelo Spina si è poi soffermato sul cambio di sesso e sulla violenza digitale e, infine, ha ribadito che «anche oggi, davanti a tante violazioni della dignità umana che minacciano seriamente il futuro dell’umanità, la Chiesa incoraggia la promozione della dignità di ogni persona umana quali che siano le sue qualità fisiche, psichiche, culturali, sociali e religiose. Lo fa con speranza, certa della forza che scaturisce dal Cristo risorto, il quale ha rivelato in pienezza la dignità integrale di ogni uomo e di ogni donna. Questa certezza diviene appello nelle parole di Papa Francesco: “Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle”».
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